mercoledì 16 marzo 2011

I referendum e il Partito Democratico

Mi ricollego a questo articolo del Post e al blog di Francesco Costa per proporre una riflessione sui prossimi referendum, cercando di osservare la situazione dal punto di vista del Partito Democratico. Ieri Bersani ha fatto sapere che, per quanto riguarda il referendum sul nucleare, il Pd si impegnerà perché dalle urne esca una risposta chiara contro i piani del governo.
Immaginiano gli scenari possibili, tenendo presente che gli ultimi ventiquattro referendum (dall'11 giugno 1995) non hanno superato il quorum.

Scenario 1: il Pd si impegna con tutte le forze e si mette alla guida del fronte referendario. Il referendum supera il quorum e i sì vincono con una larga maggioranza. Sarebbe una vittoria per l'opposione e una sconfitta per il governo in carica.

Scenario 2: il Pd si impegna con tutte le forze e si mette alla guida del fronte referendario. Il referendum NON supera il quorum. Sarebbe una sconfitta per il Pd e una vittoria per il governo in carica.

Scenario 3: il Pd si impegna ma non troppo, alcuni leader si mobilitano, altri si distinguono. Il referendum supera il quorum e i sì vincono con larga maggioranza. Sarebbe una vittoria per Italia dei Valori e Sinistra Ecologia e Libertà, che potrebbe fregiarsi di avere sconfitto il governo. Probabilmente lo scenario peggiore per il Pd: assistere a una sconfitta del governo non per opera propria, ma per l'azione degli alleati (e più diretti concorrenti).

Scenario 4: il Pd si impegna ma non troppo, alcuni leader si mobilitano, altri si distinguono. Il referendum NON supera il quorum. Resterebbe tutto com'è: il governo potrebbe festeggiare la vittoria, ma il Pd non avrebbe da giustificare una sconfitta.

Ora, qual è la strategia migliore che il Pd può adottare? Partiamo dai dati.
Perché il referendum sia valido occorre che si rechino alle urne poco meno di venticinque milioni di elettori. La prima domanda da porsi è dunque: il Pd è in grado di mobilitare un tale numero di votanti? Alle ultime politiche - nel 2008 - Pd e Idv hanno preso circa quattordici milioni di voti, ai quali si può aggiungere il milione e mezzo preso dalle forze della sinistra. Alle ultime europee, invece, Pd più Idv più forze della sinistra si sono fermati a dodici milioni e mezzo di voti. Dati l'andamento degli ultimi referendum e gli elettori che è in grado di mobilitare il centrosinistra nel complesso, buon senso imporrebbe di trascurare la consultazione del 2011. Non fare campagna elettorale, non schierarsi, lasciare tutto com'è. Non combattere la battaglia per non rischiare una sconfitta quasi certa.

C'è però un elemento di novità: gli ultimi avvenimenti in Giappone potrebbero modificare il quadro. Una campagna referendaria di stampo populista che faccia leva sulla paura - anche irrazionale - di una centrale nucleare sotto casa propria, abbinata a terribili immagini di disastri passati, potrebbe coinvolgere molti più elettori di quanto immaginabile, andando a pescare anche nel centrodestra. Alemanno e Zaia, ad esempio, cominciano a esprimere perplessità. Il Pd dovrebbe allora guidare la campagna per il sì, cercare di portare quanta più gente possibile alle urne, caratterizzando la propria comunicazione in senso quasi catastrofico, sfruttando gli ultimi avvenimenti giapponesi per far leva sulle paure della popolazione. Con quest'ultima ipotesi il Pd giocherebbe in pieno la partita e, nel caso il referendum avesse esito positivo, potrebbe fregiarsi di una vittoria importante. Un esito negativo, inutile sottolinearlo, rappresenterebbe una chiara sconfitta per il Pd.

Cosa fare, dunque? Le opzioni principali sono due: ignorare il referendum e non giocare la partita, oppure - come sembra più probabile dalle ultime dichiarazioni di Bersani - impegnarsi totalmente per il buon risultato delle consultazioni. In questo caso, però, anche a costo di apparire demagogici, bisogna cavalcare le paure della popolazione. Solo così possono convincere venticinque milioni di italiani ad andare a votare.

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