mercoledì 20 aprile 2011

I media e il comportamento di voto


L'informazione è lo strumento principale per chi fa politica, avere l'accesso ai maggiori canali di comunicazione permette di farsi conoscere e di far conoscere le proposte dei candidati. Permette inoltre di mettere in cattiva luce i candidati avversari, di affossare o esaltare l'operato della amministrazione precedente.

Ma la comunicazione politica è un tema scivoloso: la possibilità di sfruttamento dei media non migliora necessariamente le possibilità di successo.
Partiamo da una (grossolana) classificazione dell'elettorato. Gli elettori possono essere suddivisi in tre macro-classi:


Gli acritici: sono gli elettori che votano un partito a prescindere da ciò che il partito propone in termini di politiche e di alleanze, nonché a prescindere dai candidati presentati. I media hanno un impatto poco rilevante su questo genere di elettori, che rappresenta la maggioranza della popolazione (sebbene in veloce diminuzione).

I critici: si tratta di elettori informati e interessati, che hanno idee strutturate ma non sono partigiani senza se e senza ma. Questo genere di elettori è mediamente più colto, meno influenzabile. Si trovano fette importanti di questo profilo a destra e a sinistra

Gli apatici: sono gli elettori maggiormente influenzabili, quelli che non sono interessati alla politica, che spesso non votano, che non hanno idee precise riguardo il quadro complessivo ma subiscono il flusso di informazioni a cui sono sottoposti.

I mezzi di informazione strutturano il comportamento di voto delle due ultime classi di elettorato, che peraltro sono le più importanti nella fase di campagna elettorale: sono le persone da convincere.

I media, però, interagiscono diversamente con i soggetti "critici" rispetto a quelli "apatici".

La televisione è stata studiata per decenni da intellettuali di ogni estrazione culturale: sono tutti concordi nel ritenere che essa ha maggiore influenza sugli apatici. Contrariamente a quanto si pensi, tuttavia, non sono i programmi politici a modificare la visione del mondo di questi elettori, bensì le forme di comunicazione meno dirette, quelle che colpiscono la pancia più della testa.

I talk show politici, che siano parziali o meno, non spostano l'opinione di coloro i quali li seguono, poiché sono frequentati da partigiani o critici: i primi non cambiano opinione di fronte a niente, i secondi sono in grado di individuare il messaggio distorto della persona di parte.
Gli apatici guardano la televisione, ma passano il proprio tempo davanti a reality show e ai varietà; al massimo si informano tramite il telegiornale, ancora visto come elargitore di informazioni imparziali. Eppure la stessa notizia può essere spiegata in diversi modi, e produrre opinioni differenti.


Facciamo un esempio: i tunisini che arrivano in Italia vengono definiti “clandestini” e non “profughi”. Essi vengono mantenuti sotto controllo nei centri di accoglienza, ma scappano perché vogliono abbandonare l'Italia e andare in Francia o in Germania.

Questa descrizione dei fatti offre un'interpretazione precisa della realtà, piena di giudizi di valore: i tunisini sono clandestini (accezione negativa), ma vengono “accolti” (accezione positiva) dal governo, tuttavia si comportano male perché non vogliono stare in Italia, ma Francia e Germania (traditori) non aiutano lo Stato per la gestione del problema.

Un altro aspetto importante è l'occultamento di notizia, o la sua esposizione mediatica.
Esempio. Gli stupri negli ultimi 10 anni non hanno visto un incremento consistente, tuttavia periodicamente la televisione offre notizie riguardo a stupri, in modo da fare avvertire all'elettorato il bisogno di sicurezza sulle strade.

In definitiva, la televisione è un forte strumento di manipolazione, e il controllo dello strumento permette di imporre una “visione dell'esistenza”, così da influenzare il voto degli elettori. Non è quindi il messaggio politico di per sé a convincere i cittadini. I meta-messaggi politici, quelli che trattando di cronaca offrono una precisa visione del mondo, manipolano lo spettatore sprovveduto.

Veniamo ora ai critici: di fronte allo strapotere della televisione essi cercano spesso canali alternativi di informazione. I giornali, ovviamente, ma soprattutto la rete. I nuovi movimenti politici, infatti, si buttano a capofitto all'interno del mondo virtuale, raccogliendo consensi e allargando i loro canali, proponendo temi politici alternativi, rivoluzionari, vagamente intellettuali.

Un elettore critico, tuttavia, non è fidelizzato, ed è un implacabile osservatore. Qualsiasi azione non gradita da parte di questi movimenti sarà sanzionata.
Internet diventa giorno per giorno un fenomeno di massa; non è più uno strumento in mano a pochi. Milioni di persone ogni giorno accedono alla rete e vengono bombardati da informazioni. Lo straordinario incremento dei profili personali nei social network dimostra un grande numero di fruizioni.

Internet potrebbe diventare l'alternativa alla televisione, è una risorsa che i politici useranno sempre di più, per convincere i critici, ma soprattutto gli apatici.
La sfida a cui vanno incontro i protagonisti della politica è riuscire a individuare i canali migliori, le metodologie, i messaggi che muovono l'opinione pubblica.

Riccardo Scintu

mercoledì 16 marzo 2011

L'arte del compromesso


Ipotizziamo un gruppo di 11 persone, che devono decidere quanto spendere per fare un regalo di compleanno. Per stabilire un budget occorre trovare un accordo: la quota deve essere concordata da almeno 6 persone (maggioranza assoluta), a questo accordo si adegueranno tutti.

Vediamo le posizioni di partenza:
3 persone sono molto amiche del festeggiato, e vogliono versare una quota di 100 euro
4 persone non vorrebbero fare il regalo, e propongono di non versare la quota.
3 persone propongono una quota di 30 euro
1 persona, per evitare la figuraccia, propone 10 euro.
Molti pensano che la regola della maggioranza sia democratica e porti a conclusioni univoche; tuttavia, questo esempio ci mostra che le soluzioni possono essere molteplici. Descriviamo alcuni scenari.
Chi propone 30 euro accetta una quota più bassa ma non maggiore a quella proposta. Essi troveranno un accordo con coloro i quali propongono meno: il risultato sarà compreso tra 0 e 30. Probabilmente l'unica persona che propone 10 otterrà la maggioranza dei voti e imporrà la sua posizione a tutti
Chi propone 10 euro è disposto a pagare di più (vuole comunque fare il regalo), ma non può arrivare a 100 euro. In questo caso, o coloro che propongono 100 arrivano a 30, oppure non si troverà una soluzione: siamo di fronte a uno stallo, cioè l'impossibilità di prendere una decisione a maggioranza
gli amici del festeggiato, sapendo di non poter arrivare a una quota di 100, cercano accordi con coloro che offrono 30. Se questi sono disposti a versare qualcosa in più ci si troverà in un punto compreso tra 30 e 100, diversamente si troverà un accordo per 30 euro.

Questi sono solo alcuni scenari tra i possibili.
Un metodo di voto non produce quasi mai risultati univoci: conoscere la volontà degli altri, le preferenze e le intransigenze degli altri elettori permette la manipolazione del risultato.
In un sistema partitico frammentato e complesso le possibilità di azione degli attori è elevatissima. In particolar modo gli attori che hanno la possibilità di negoziare con un maggior numero di altri attori hanno la possibilità di ottenere soluzione molto vicine al loro first best (cioè la loro soluzione preferita).
Uscendo dalla metafora, ipotizziamo un sistema partitico composto da 5 partiti:
il partito A di sinistra con il 15% di prime preferenze
il partito B di centro-sinistra con il 24% di prime preferenze
il partito C di centro con il 15% di prime preferenze
il partito D di centro-destra con il 24% di prime preferenze
il partito E di destra con il 22% di prime preferenze
A_____B_____C_____D______E

Il partito C si trova in una condizione strategica ideale: esso è presente in ogni probabile conformazione di governo (a maggioranza minima vincente ideologicamente coerente, cioè comprendente solo gli attori ideologicamente contigui necessari per ottenere una maggioranza): ABC- BCD- CDE.

I partiti B e D invece si trovano in vantaggio in fase elettorale. Gli elettori dei partiti estremi A ed E sanno che il governo preferito dal partito C (pivotale, cioè determinante per il raggiungimento della maggioranza) è il governo BCD. Per avvicinare la posizione del governo alla loro preferita essi potrebbero optare per il voto a uno dei partiti più vicini alla propria posizione: B per gli elettori di A e D per gli elettori di E. In questo modo, pur preferendo la posizione dei partiti estremi, potrebbero optare per il voto ai partiti più moderati.
I partiti B e D, invece, pur perseguendo i voti di A ed E, gradirebbero la loro presenza nel governo, in modo da essere i partiti pivotali della coalizione (essendo l'altro alleato il partito C).
Come detto in precedenza la soluzione non è univoca, le seconde preferenze degli elettori, i calcoli su ciò che è meno peggio tra le possibilità non ottimali, influiscono sul risultato finale.

Se questo modello appare confuso, immaginiamo un reale sistema politico, in cui le variabili in gioco vanno oltre il puro posizionamento ideologico.
La morale di questa schematizzazione è: conosci i tuoi nemici e i tuoi potenziali alleati. Talvolta i ruoli si possono invertire.

Bersani qui è solido, materico, simpatico e - soprattutto - eroticamente composto.

Riporto l'intervista di Luca Telese ai creativi che hanno curato la nuova campagna comunicativa del Partito Democratico. 


Nonostante le spiegazioni, io continuo a pensare che sia una pessima iniziativa.

I referendum e il Partito Democratico

Mi ricollego a questo articolo del Post e al blog di Francesco Costa per proporre una riflessione sui prossimi referendum, cercando di osservare la situazione dal punto di vista del Partito Democratico. Ieri Bersani ha fatto sapere che, per quanto riguarda il referendum sul nucleare, il Pd si impegnerà perché dalle urne esca una risposta chiara contro i piani del governo.
Immaginiano gli scenari possibili, tenendo presente che gli ultimi ventiquattro referendum (dall'11 giugno 1995) non hanno superato il quorum.

Scenario 1: il Pd si impegna con tutte le forze e si mette alla guida del fronte referendario. Il referendum supera il quorum e i sì vincono con una larga maggioranza. Sarebbe una vittoria per l'opposione e una sconfitta per il governo in carica.

Scenario 2: il Pd si impegna con tutte le forze e si mette alla guida del fronte referendario. Il referendum NON supera il quorum. Sarebbe una sconfitta per il Pd e una vittoria per il governo in carica.

Scenario 3: il Pd si impegna ma non troppo, alcuni leader si mobilitano, altri si distinguono. Il referendum supera il quorum e i sì vincono con larga maggioranza. Sarebbe una vittoria per Italia dei Valori e Sinistra Ecologia e Libertà, che potrebbe fregiarsi di avere sconfitto il governo. Probabilmente lo scenario peggiore per il Pd: assistere a una sconfitta del governo non per opera propria, ma per l'azione degli alleati (e più diretti concorrenti).

Scenario 4: il Pd si impegna ma non troppo, alcuni leader si mobilitano, altri si distinguono. Il referendum NON supera il quorum. Resterebbe tutto com'è: il governo potrebbe festeggiare la vittoria, ma il Pd non avrebbe da giustificare una sconfitta.

Ora, qual è la strategia migliore che il Pd può adottare? Partiamo dai dati.

martedì 15 marzo 2011

Manifesto Political Lab

Cos'è Political Lab?
Political Lab è un blog collettivo dedicato allo studio della politica, un laboratorio virtuale in cui, pur senza camici e provette, verranno proposte analisi scientifiche dei problemi politici ritenuti più interessanti.

Perché Political Lab?
Political Lab ha uno scopo principale: fornire strumenti in grado di comprendere la politica. L'idea del laboratorio è quella che meglio esplica la nostra posizione. Vogliamo uscire - se mai ci siamo entrati - dalla torre d'avorio dell'accademia per calarci nel dibattito politico, utilizzando però concetti e strumenti scientifici. Ci situiamo a metà strada tra riflessione teorica e applicazione pratica, convinti che lo studio rigoroso della politica possa fornire risposte utili a comprendere ciò che accade. Immaginate un dibattito tra un illustre docente e il macellaio sotto casa, un carteggio tra un professore ordinario e un lettore di quotidiano: noi siamo là in mezzo, impegnati a tradurre in pratica ciò che conosciamo in teoria.

A chi si rivolge Political Lab?
Political Lab si rivolge a tutti coloro che hanno interesse a capire meglio la politica, a superare il noioso dibattito tra posizioni di destra e di sinistra, tra filogovernativi e oppositori per forza, tra liberisti e statalisti, tra centralisti e federalisti... Vorremmo costruire un laboratorio dal quale possono attingere studenti e professori, candidati ed elettori, o più semplicemente persone curiose e disponibili a mettere in gioco il proprio punto di vista.

Cosa facciamo in Political Lab?
Prima di tutto studiamo. E dopo aver studiato cerchiamo di individuare i problemi e gli strumenti per risolverli. Ad esempio: perché in Italia ci sono poche donne in Parlamento? Oppure, quale potrebbe essere il miglior sistema elettorale per un determinato paese in un dato momento storico? Ancora, quanto sono efficaci le campagne di comunicazione di un leader o di un partito politico? Come si può facilmente comprendere, gli argomenti non mancano. Proporremo anche analisi e riflessioni dal punto di vista di un partito preciso, senza abbracciarne ideali e scopi, ma solo al fine di valutare l'adeguatezza di ciò che si mette in atto con ciò che si vorrebbe ottenere.

Qual è il punto di vista di Political Lab?
Political Lab non ha punti di vista politici. Non militiamo in nessun partito, né sosteniamo un leader o una coalizione. Certo, abbiamo le nostre idee, ma le lasciamo fuori dal laboratorio. Siamo come gli entomologi: alcuni preferiscono i mantoidei, altri i coleotteri, nessuno comunque piega ciò che scopre alle proprie predilezioni. Noi osserviamo la politica dall'esterno, senza tuttavia disdegnare alcune simulazioni: fingeremo di essere un leader nazionale, un candidato alle primarie, un membro dell'ufficio comunicazione di un partito, un consigliere regionale che ambisce alla rielezione...

Chi siamo?
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